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domenica 18 novembre 2012

Luoghi da visitare: ABBAZIA (Croazia)

La vicinanza con l'Italia, il clima, l'imponente architettura e la splendida posizione sul mare:  poche località europee possono vantare un'unità stilistica liberty come Abbazia-Opatija in lingua croata, stazione di villeggiatura sorta a metà dell'Ottocento in epoca asburgica. Sulla costa nord-orientale della penisola dell'Istria questa cittadina si allunga sul mare abbarbicata alle pendici scoscese del Monte Maggiore-Ucka, che con i suoi 1500 metri la ripara dalle precipitazioni conferendo un clima mite e soleggiato anche d'inverno, caratterizzato da palme, pini marittimi, agavi e giardini fioriti.


Il nome della cittadina proviene dall'abbazia benedettina di San Giacomo che risale alla metà del Quattrocento e che si trova nel centro vicino al mare, profondamente rimodernata. Fu però la costruzione della vicina Villa Angiolina, oggi sede di esposizioni in mezzo a un grande parco secolare di piante esotiche, seguita dai primi grandi hotel che diede un forte impulso a un turismo ante litteram, che già a fine Ottocento e nel periodo della Belle Epoque portò qui regnanti e ospiti illustri come Gustav Mahler, Anton Checov, Giacomo Puccini e James Joyce. Chi ama lo stile floreale sarà stupito dalla profusione di ville e palazzi, sia privati, sia adibiti ad alberghi, che si estendono lungo il corso principale animato da numerosi negozi che corre parallelo al mare, a testimonianza di una felice epoca di costruzione racchiusa in pochi decenni e spazzata via dallo scoppio della prima guerra mondiale.



La posizione è molto panoramica, all'estremità settentrionale del golfo del Quarnero, con vista in lontananza dell'agglomerato urbano di Fiume-Rijeka da cui dista una dozzina di chilometri e delle maggiori isole dell'Adriatico di Cherso-Cres e Veglia-Krk. La trasparenza dell'acqua, da subito molto profonda e le numerose insenature con spiagge rocciose ne fanno una località turistica balneare per eccellenza, ma anche la stagione di fine d'anno è piacevole ed animata, al punto che viene soprannominata la Nizza dell'Adriatico.


Abbazia deve molto all'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, che per primo credette nel suo sviluppo turistico e la visitò spesso: proprio a lui è intitolata la passeggiata a mare, assolutamente da non perdere, uno spettacolare sentiero alto appena un paio di metri sulla costa rocciosa da percorrere a piedi anche a tratti, poiché è lungo in tutto una ventina di chilometri e tocca le numerose piccole località della riviera, tutte da scoprire e ciascuna con una propria individualità. La passeggiata parte a nord da Volosca-Volosko, porticciolo di pescatori con numerosi ristorantini di pesce, sovrastante il mandracchio dove si allineano le reti da pesca. Un paio di chilometri soltanto la separano da Abbazia, che è attraversata tutta dall passeggiata a mare: qui il punto più notevole è la slanciata statua bronzea della fanciulla sul mare con il gabbiano, un simbolo della riviera che ricorda un fatto tragico di fine Ottocento. 

fonte: http://viaggi.repubblica.it/articolo/abbazia-riviera-liberty/226496?ref=HRLV-7

Luoghi da visitare: ISLANDA (da Virgilio Viaggi)

Gli islandesi sono fanatici di design, architettura e tecnologia. Fino ad ora, Rejkavik è stata una delle città più care del mondo, ma oggi non è più così. Nonostante sia una piccola città, vanta una quindicina di musei più che altro dedicati ciascuno a un diverso artista locale. Vale la pena visitare il museo all'aperto formato da circa 30 case e capanne in torba del XIX secolo, comprensive di arredo interno. I custodi del museo indossano gli abiti di quei tempi. Reykjavík è spesso riconosciuta come la capitale della vita notturna del Nord per via delle centinaia di locali e discoteche, la maggior parte delle quali si trovano nella zona di Laugavegur.


L'aurora boreale: L'Islanda è celebre per i suoi spettacoli di luce che si possono ammirare tra settembre e aprile. La danza degli dei è un evento naturale tra i più affascinanti che esistano e dai cieli limpidi islandesi si vede benissimo. E' un fenomeno ottico dell'atmosfera terrestre caratterizzato da fasce luminose di colore rosso-verde-azzurro, dette archi aurorali. Le aurore possono comunque manifestarsi con un'ampia gamma di forme e colori che cambiano rapidamente. Si può ammirare l'aurora boreale anche stando comodamente alla finestra della stanza d'hotel.


L'ingresso verso il centro della Terra: Secondo il celebre romanzo di Jules Verne, Viaggio al centro della Terra, i protagonisti si sono introdotti all'interno del ghiacciaio Snaefellsjökull per partire verso l’epico viaggio. Lo Snaefellsjökull ricopre il vulcano Snaefell visibile, nelle giornate limpide, anche da Reykjavík. La montagna è una delle attrazioni turistiche più famose in Islanda.

 

La Laguna Blu: E' una delle piscine naturali più famose del mondo. La Blue Lagoon, con le sue acque calde termali, è una delle principali attrazioni turistiche del Paese. E' sempre molto affollata, anche perché le temperature esterne invernali raggiungono traquillamente i -15°C. L'enorme piscina dalle acque lattiginose, salate e ricche di minerali è, di fatto, un'enorme Spa geotermica. E' distante circa 45 minuti da Reykjavík.


Trekking glaciale: In Islanda sono specializzati nelle passeggiate sui ghiacciai che durano anche solo un giorno. A due ore dalla capitale si raggiungono il massiccio di Eyjafjallajökull e il ghiacciaio di Sólheimajökull. Ineguagliabile è lo spettacolo delle sculture di ghiaccio naturali e dei crepacci che si incontrano durante il tour.

fonte: http://viaggi.virgilio.it/reportage/europa/islanda-cosa-vedere-low-cost.html

Donne: Cosa i piedi comunicano sul piano della salute

Dimmi che piede sei e ti dirò che problema hai... Oltre ad essere fondamentali per il nostro benessere psico-fisico e un vero e proprio sollazzo erotico per gli esteti e i feticisti più esigenti, i nostri piedi sono anche fonte di informazioni sullo stato di salute del nostro corpo.


Crampi ripetuti ai piedi: Frequenti crambi al piede sono sintomi di disidratazione precoce e/o di carenza di calcio, potassio o magnesio. In gravidanza, le donne incinte sono particolarmente a rischio.


Piedi sempre freddi: La sensazione - reale o no — dei piedi freddi è molto comune tra le donne. E se il fenomeno tende ad aumentare superati i quaranta è perché, questa sensazione, molto probabilmente è un sintomo del malfunzionamento della tiroide, la ghiandola che regola la temperatura e il metabolismo, o di cattiva circolazione. 


Se perdiamo i peli sulle dita dei piedi: Perdere i peli sulle dita dei piedi vuol dire avere una cattiva circolazione sanguigna.  I peli che si diradano in quella zona ci stanno comunicando che il nostro sistema cardiovascolare è debole. Ovviamente non è il caso di entrare nel panico: quasi sicuramente si tratterà di semplice stanchezza o stress. Fatevi visitare dal vostro medico di fiducia ed il gioco è fatto!


Macchie bianche sulle unghie dei piedi: Le macchie bianche sulle unghie dei piedi vogliono dire carenza di ferro. Dalle nostre unghie, però, si possono ricavare anche altre informazioni. Per esempio, unghie sottili e fragili molto spesso sono indicatori di anemia o, comunque, indicano che il sangue è carente di emoglobina. Fatevi fare un esame del sangue.

fonte: http://it.lifestyle.yahoo.com/blog/i-feel-good/quello-che-vostri-piedi-dicono-di-voi-161735145.html

La Terra finirà tra cinque miliardi di anni: ecco come.

Ci vorranno ancora circa 5 miliardi di anni, quando la Terra, molto probabilmente, sarà ormai un aridissimo deserto e i nostri eredi, se ancora esisteranno, avranno popolato parte della Galassia. Ma studiando la stella BD+48 740 un team interdisciplinare ha potuto guardare un'anteprima del destino che attende la Terra. 


BD+48 740 è una stella che si trova da noi a una distanza di 2.400 anni luce in direzione della costellazione settentrionale di Perseo. E' una stella gigante rossa, la fase finale dell'evoluzione di una stella che ha inizio quando nel nucleo si esaurisce l'idrogeno e le reazioni di fusione termonucleare di questo elemento si spostano verso l'esterno, in un guscio più vicino alla superficie stellare, mentre nel nucleo iniziano quelle dell'elio. A questo punto, l'aumento della pressione di radiazione "soffia via" l'inviluppo esterno della stella, facendo aumentare il suo diametro di almeno 200 volte rispetto a quello originario. Ciò sta a significare che quando toccherà al Sole i suoi strati esterni raggiungeranno l'orbita della Terra. 


La scoperta di questa stella che sta fagocitando uno dei suoi pianeti è stata effettuata con l'ausilio delle osservazioni fatte attraverso il Hobby-Eberly Telescope da 9,20 metri di apertura presso l'osservatorio McDonald (Texas). Le analisi dei dati spettroscopici hanno evidenziato in BD+48 740 una notevole abbondanza di litio, un elemento questo che viene bruciato rapidamente nelle prime fasi evolutive di una stella. Il fatto che sia presente in una stella vecchia sta a significare che il litio proviene da un pianeta che sta per essere vaporizzato dall'espansione degli incandescenti inviluppi esterni della stella in espansione. Quale sarà il destino della Terra tra 5 miliardi di anni non è ancora chiaro. Una delle ipotesi è che il nostro pianeta, a causa dell'espansione del Sole, inizierà a spiraleggiare lentamente verso l'esterno, mantenendosi a distanza di sicurezza. Questo potrebbe accadere se il vento solare durante le fasi finali della nostra stella porterà via una parte significativa della sua massa. 


D'altra parte, se l'avanzare degli incandescenti inviluppi esterni del Sole fosse troppo veloce, la Terra potrebbe non avere scampo, in quanto, rallentata nel suo moto orbitale dall'interazione con l'atmosfera solare in espansione, inizierebbe a spiraleggiare verso di esso finendo completamente vaporizzata. Le osservazioni di BD+48 740 fanno propendere per questa seconda opzione. Ma c'è anche un altro indizio che confermerebbe questa congettura. Intorno alla stella orbita in 779 giorni anche un pianeta gigante gassoso, la cui massa è quasi 1,7 volte quella di Giove. Questo pianeta ha un'orbita molto eccentrica che non è mai stata osservata nel caso di pianeti attorno a stelle vecchie. Originariamente il percorso orbitale del pianeta doveva essere circolare, ma probabilmente questo è stato alterato da qualche evento catastrofico, come la fagocitazione di un pianeta interno da parte della stella, che avrebbe perturbato l'orbita di quello più esterno. Questa sarebbe la fine del nostro sistema planetario, dove i pianeti ad essere vaporizzati sarebbero in questo caso la Terra, Venere e Mercurio.

fonte: http://it.notizie.yahoo.com/blog/focus/ecco-come-finira-la-vita-sulla-terra-080805614.html

venerdì 16 novembre 2012

L'ago batte il farmaco: la pratica cinese allevia il mal di testa

Una ricerca prestigiosa promuove l'ago-puntura come valida alternativa terapeutica per trattare il dolore cronico: un risultato che dovrebbe mettere finalmente pace tra quanti giurano sull'efficacia di questa antica pratica della medicina tradizionale cinese, e chi ne attribuisce i vantaggi all'effetto-placebo o a studi poco accurati.


A chiarire la questione arriva un'ampia revisione degli studi esistenti in materia, realizzata dai ricercatori dello Sloan-Kettering Cancer Center di New York su una trentina di ricerche relative a oltre diciassettemila pazienti sofferenti di osteo-artrite, mal di schiena e mal di testa cronico. Quel tipo di malattie, insomma, che affollano gli studi dei medici di medicina generale e spesso inducono chi ne soffre a imbottirsi di farmaci, spesso con effetti indesiderati. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista '' Annals of internal medicine '', per trattare questi malanni l'antica pratica cinese è più efficace delle terapie abitualmente utilizzate. La vera ago-puntura si è dimostrata però più efficace della cosiddetta '' ago-puntura sham '', ovvero delle tecniche adoperate per i gruppi di controllo in cui gli aghi non vengono inseriti o utilizzano punti diversi da quelli riconosciuti efficaci, che comunque hanno un qualche effetto terapeutico. L'indicazione che viene dallo studio è quella di sfruttare i benèfici effetti degli aghi promuovendo nuovi studi per meglio comprendere i meccanismi di azione. Si tratta di una ricerca finanziata dai National Institutes of Health alla quale ha lavorato un team internazionale, che ha coinvolto 17.922 pazienti, affetti da osteoartrite, emicrania, dolore cronico alla schiena, al collo e alla spalla. “Quella che riguarda l’agopuntura è una questione che è rimasta controversa per molto tempo in medicina”, ha spiegato Andrew J. Vickers, autore principale dello studio. “Ci abbiamo messo più di cinque anni e abbiamo dovuto scegliere il giusto metodo, ma alla fine abbiamo trovato le prime prove concrete che dimostrano che questa pratica è veramente utile per curare il dolore cronico”. All'Ospedale Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, l'agopuntura viene ampiamente utilizzata nel dolore e la pratica è giudicata efficace e sicura. Barry Cassileth e Gary Deng di questo Centro raccomandano: "una giudiziosa integrazione" al fine di ridurre i sintomi fisici e psichici, aumentare la qualità di vita e migliorare la relazione medico-paziente.


Secondo Vickers, i pazienti con mal di testa gravi, trattati con l’agopuntura, possono ridurre la severità e la frequenza dei sintomi apportando un reale cambiamento positivo nella loro vita. L'agopuntura è usato in Cina da circa 2.000 anni ed è una delle forme più popolari di medicina complementare. È indicata per alleviare la nausea ed il dolore, e secondo ricercatori tedeschi, potrebbe aiutare le donne sottoposte a trattamenti per la fertilità ad ottenere il concepimento. Vickers e i suoi colleghi hanno scoperto che il 50% dei pazienti sottoposti ad agopuntura aveva dichiarato che il proprio dolore era migliorato della metà o più, rispetto al 42.5% dei pazienti trattati con la falsa agopuntura. I pazienti sono stati suddivisi a caso in due gruppi. Gli appartenenti al primo gruppo hanno ricevuto dei trattamenti di agopuntura, una volta a settimana, per quattro settimane. Gli appartenenti al gruppo di controllo hanno continuato a ricevere le cure standard, comprese terapie fisiche e farmaci antidolorifici e antinfiammatori. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Oncology e mostrano che il gruppo “agopuntura” aveva beneficiato di una significativa riduzione del dolore e della disfunzione, rispetto al gruppo di controllo.

I nanodiamanti in lavatrice per eliminare il grasso dei tessuti

Un bucato impeccabile, a soltanto 25 gradi. Merito dei nano-diamanti, ovvero i minuscoli frammenti di carbonio aggiunti alle polveri detergenti, in grado di eliminare il grasso cristallizzato sulla superficie dei tessuti. L'idea è stata partorita da un team di chimici facente parte dell'Università di Warwick (Gran Bretagna).


I nano-cristalli, dal diametro di cinque nanometri (un decimillesimo di un capello), modificano infatti il comportamento dei detersivi già alle basse temperature, raddoppiando la quantità di sporco che le polveri normalmente in commercio riescono a eliminare. Il prossimo passo - spiega il leader del gruppo di ricerca Andrew Marsh - sarà quello di testare le proprietà dei nano-diamanti anche a temperature di lavaggio più basse, a quindici gradi. Un bel risparmio sulla bolletta. Queste nuove scoperte affrontano un problema che costringe i consumatori a lavare alcuni dei indumenti a temperature tra 60 e 90 gradi, più di 80 volte l’anno. Anche con i moderni detersivi biologici, alcuni grassi e sporco non riescono ad essere rimossi a temperature più basse; pertanto, molte persone preferiscono fare il lavaggio settimanale.


Il desiderio di ridurre il significativo consumo energetico dei lavaggi regolari ad alta temperatura e di capire il comportamento di questi nuovi materiali, ha stimolato dunque questi scienziati dell'Università di Warwick e colleghi della Aston University a portare avanti insieme il progetto finanziato dall’UK Engineering and Physical Sciences Research Council (EPSRC) and P&G plc. Si tratta di polvere di carbonio dalle dimensioni estremamente ridotte: il diametro di un capello umano diviso 10.000 volte. Questa polvere riesce a migliorare le prestazioni dei classici tensioattivi, che così possono strappare dalle superfici le vecchie macchie di grasso lavorando a temperature più basse rispetto a quelle comunemente utilizzate. 

Addio alle Isole Carteret, evacuato l'atollo per l'innalzamento dei mari

L'ultimo gruppo è partito il 21 settembre 2012. Sette famiglie hanno salutato, forse per l'ultima volta, le Carteret Islands, il minuscolo arcipelago appartenente alla Papua Nuova Guinea. E rischiano di diventare famosi per un triste record: ovvero essere i primi al mondo costretti ad abbandonare le proprie terre a causa dei cambiamenti climatici.


Il riscaldamento globale sta facendo sciogliere ghiacci e innalzare il livello del mare. Una vera e propria tragedia per questi atolli, i cui terreni, bagnati dall'acqua salata, si apprestano a diventare totalmente incoltivabili. '' La produzione di cibo è sempre più scarsa e le riserve diminuiscono '', ricorda Ursula Rakova, la direttrice della Tulele Peisa, ossia l'organizzazione incaricata dal governo della Papua Nuova Guinea di gestire il trasferimento degli isolani. Nell'anno 2003, il governo della Papua Nuova Guinea ha riconosciuto infatti la necessità di evacuare totalmente i 2.500 abitanti delle Carteret. Ma l'operazione va a rilento perchè non ci sono i fondi per ricollocare le persone. Rakova si accontenta di aver appena trasferito altre cinque famiglie a Bouganville, su un terreno donato dalla Chiesa Cattolica, ma nella sua mente è impressa una data: '' Una ricerca scientifica presentata in Germania ha previsto che le isole saranno completamente inabitate entro l'anno 2045, perchè allora sarà impossibile coltivare qualsiasi cosa. Resterà la sabbia, forse qualche albero di cocco, ma le persone non potranno sopravvivere ''.


I suoi 1.200 abitanti passeranno alla storia con il poco invidiabile titolo di primi profughi del riscaldamento globale e della crescita del livello dei mari. Non sono soli: tra i paradisi naufraghi ci sono anche due gruppi di isole del Sud del Pacifico, Kiribati e Tuvalu; e si calcola che, entro il 2050, 200 milioni di persone saranno costrette a cambiar mare, cielo, e indirizzo. Le Carteret saranno i primi piccoli punti a scomparire dalle carte geografiche. Il commiato è complicato, arrivarci richiede una spedizione. Non ci sono traghetti né cargo né battelli, e l’unica opzione dall’isola di Buka è il noleggio di un’orrida banana boat, un sei metri a motore, e una traversata di cinque ore, in aperta Oceania, in compagnia dei delfini e delle nuvole e, infine, di sei minuscole selve disposte a ferro di cavallo, tra le spume dei coralli: quel che resta dell’atollo.


Le isole Carteret hanno circa 1500 abitanti, e tutti dovranno andarsene, anche se circa un terzo della popolazione lo rifiuta. Dicono che lì sono nati e cresciuti, lì hanno trascorso la loro vita e vogliono rimanerci, anche a costo di finire sott’acqua. Negli ultimi vent’anni il livello del mare si è alzato nella zona di circa 10 centimetri. Non è così poco come potrebbe sembrare, dal momento che le isole Carteret si innalzano al massimo di un metro e mezzo sul livello del mare. L’atollo fu scoperto dal navigatore inglese Philip Carteret nel 1767. All’epoca, ci abitavano già da almeno mille anni i melanesiani; avevano sloggiato, dopo una furibonda battaglia tra canoe, i polinesiani di Mortlock. Per secoli vissero in completa simbiosi con il mare: alla fine, andavano a spargere le loro mortali ossa in pieno oceano, oltre la barriera corallina, in un sepolcro marino chiamato Halagi, con una sobria cerimonia che culminava con il defunto dato ai pesci con un bel carico di pietre.

giovedì 15 novembre 2012

I riti scaramantici servono per gestire l'insicurezza

''I gesti scaramantici sono un tentativo di controllare gli eventi. Molte cose che accadono nella nostra vita sono imprevedibili. Ciò crea frustrazione e insicurezza in molte persone. Di conseguenza, ci si illude che certi gesti o riti abbiano un rapporto di causa-effetto sulle vicende personali'', spiega Silvano Fuso, divulgatore scientifico e socio del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul personale.



''Tali rapporti di causalità in realtà non sono mai stati dimostrati e sono smentiti nella maggior parte dei casi. Tuttavia, molti di noi ci credono perchè si basano su pochi episodi isolati, che sembrano confermarli, o che ci sono stati raccontati da altri e tramandati per tradizione''.


La resistenza della scaramanzia si spiega dunque con il permanere di condizioni di insicurezza e incomprensione intorno a noi che non riusciamo a dominare. ''L'irrazionalità è una componente ineliminabile dell'uomo'', continua Fuso. ''A volte siamo scaramantici anche senza rendercene conto. Quando diciamo 'Buongiorno' o 'In bocca al lupo' a qualcuno, stiamo usando scaramanzie, diventate oramai forme di cortesia.



Tra i cacciatori è diffuso il divieto di augurare 'buona caccia'. Bisogna dire invece 'in bocca al lupo'. Sembra che l'origine di questa formula abbia a che fare con il senso di colpa, che anticamente imponeva al cacciatore di cacciare ''come se non cacciasse''. C'era un tempo, infatti, in cui l'uccisione del lupo era considerata un'azione necessaria perchè consentiva all'uomo di non morire di fame o di evitare il pericolo dei lupi. Augurare fortuna, invece, significherebbe 'sfidare il fato'. 

Gli effetti benefici dei broccoli

Il broccolo possiede un'azione protettiva nei confronti dei tumori e aiuta il sistema immunitario a mantenere puliti i polmoni da detriti e batteri, scongiurando il rischio di infezioni. A sostenerlo c'è una ricerca effettuata dalla Johns Hopkins University di Baltimora (Stati Uniti) pubblicata su '' Science Translational Medicine '', la quale ha osservato come nelle persone con malattie polmonari croniche ostruttive e nei fumatori, le cellule del sistema immunitario che eliminano i batteri hanno un'attività ridotta. Perciò questi pazienti rischiano più della media le malattie ai polmoni. Il sulforafano contenuto nei broccoli è però in grado di restituire ai macrofagi il loro naturale potere battericida. Già considerati il “top” degli antiossidanti, oggi possono anche vantare il primato di “salvapolmoni”.

Focalizzando l'attenzione su due genotipi specifici abbastanza comuni (GSTMM1 e GSTT1) hanno dimostrato come il consumo di crucifere è correlato con una diminuzione del rischio di contrarre un tumore al polmone del 33% per il GSTMM1 e del 72% per il GSTT1. Nonostante i buoni risultati raggiunti, gli scienziati sono contro i facili entusiasmi: la ricerca appena conclusa deve essere confermata da lavori di più ampio respiro.


Il broccolo appartiene alla famiglia botanica delle Crucifere, così chiamate perché i loro fiori hanno quattro petali, disposti a croce. Quest’ortaggio contiene poche calorie, circa 30 per ogni etto, pochissimi grassi e vanta un buon potere saziante, il che la rende un alimento particolarmente indicato nelle diete ipocaloriche.

Inoltre, il buon contenuto di sostanze anti-ossiddanti, come polifenoli, carotenoidi, indoli e sulforafano, li rende molto utili nella prevenzione dei tumori che colpiscono l’apparato digerente. Tali composti sembrano anche avere effetti benefici contro patologie cardiovascolari, disordini neurologici, ed effetti di invecchiamento. Questa sostanza si è rivelata molto utile anche per le persone affette da diabete, dal momento che essa contribuisce a riparare i danni all’apparato cardiovascolare provocati dall’iperglicemia.


Infine, i broccoli sono potenziali alleati della pelle: i loro nutrienti la difendono dai raggi UV e riducono il rischio di tumore, fino al 25%. ll gruppo della John Opkins ha lavorato con topi da laboratorio senza pelo, inizialmente esponendoli a raggi UV per 17 settimane. Successivamente, gli animali sono stati divisi in 2 gruppi. Passate le tredici settimane di test, si è notato come i topi che aveva ricevuto l'estratto erano stati protetti contro il cancro alla cute. Inoltre, le cavie che presentavano un tumore hanno visto una riduzione della massa tumorale del 70%.

Il marciapiede fotovoltaico che s'illumina camminandoci sopra

Contro lo spreco di energia e per un'illuminazione più efficiente il marciapiede può dare un sostanziale contributo. Invece dei lampioni trasferire la luce a terra. Un vialetto che si illumina al passaggio delle persone, per raggiungere durante la notte l'uscio di casa o il bidone dell'immondizia sani e salvi, senza inciampare.


Questa gustosa idea è 'balenata' a Tommy Müller, studente di micro-tecnologia all'Istituto di studi superiori di Zwickau (Sassonia), nel corso di una serata in cui non riusciva a farsi strada nel giardino buio di casa, in cerca del bidone dei rifiuti. Insieme a un gruppo di compagni di classe, il giovane Müller (23 anni) ha dunque sviluppato il progetto di queste mattonelle "auto-illuminanti" ad energia solare che potrebbero rivoluzionare il concetto di illuminazione stradale sotto il profilo del risparmio energetico e del rispetto per l'ambiente. Si tratta di lastre quadrate di vetro infrangibile (30 cm di lato per 1 cm di altezza) che, grazie all'ausilio dei sensori, attivano delle lampadine caricate da piccoli pannelli solari. Per un effetto-domino, grazie a dei chip si illuminano anche le mattonelle circostanti nel raggio di tre metri e si viene a generare in tal modo un vero e proprio sentiero luminoso. Grazie a delle cellule foto-elettriche, le mattonelle si illuminano solo quando è buio. L'invenzione ha riscosso grande curiosità e sarà presentata questo week end in un'importante esposizione-gara di prototipi a Monaco di Baviera.


Muller assicura che la produzione in serie porterebbe il costo della lastra a 25 euro. "La nostra invenzione funzionerà. Attivando la piastra su cui poggia il vetro la variazione della resistenza nei quattro sensori di pressione viene assorbita ed elaborata dal chip che comunica con le mattonelle circostanti". La grande innovazione è nell'interazione tra le mattonelle: quando una si accende, attiva anche le altre nel raggio di 3 metri agevolando il passaggio e creando un vero e proprio sentiero luminoso.

fonte:http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/11/14/foto/germania_il_marciapiede_a_energia_solare_che_s_illumina_da_solo-46630205/1/

I Dna di uomo e maiale sono molto simili

L'uomo non è poi così differente dal maiale...Eresie? Nient'affatto, si tratta delll'esito di un nuovo studio effettuato alla Wageningen University, nei Paesi Bassi, secondo cui il genoma dei suini è molto simile a quello umano. L'esame di quasi tre miliardi di coppie di basi che costituiscono il genoma del maiale ha rivelato che nelle vene dei suini europei scorre sangue asiatico. 


La ricerca, resa pubblica questa settimana sulla celebre ''Nature'', è coincisa con altre 20 pubblicazioni simultanee in varie altre riviste scientifiche, tutte pronte a testimoniare la particolare somiglianza dell'uomo col maiale. Il genoma è stato analizzato dal consorzio internazionale Swine Genome Sequencing Consortium, che ha operato in dodici nazioni ed è stato diretto dal ricercatore Martien Groenen della Wageningen University, e da altri due ricercatori, uno inglese e uno statunitense. 


L'equipe di ricerca, che nel complesso contava 136 autori appartenenti a 54 gruppi di ricerca, è così riuscito a sequenziare l'intero genoma del maiale. La dimensione totale del genoma suino è di 2,8 miliardi di paia di basi, che contengono 21.640 geni codificanti proteine. E questo ha consentito di scoprire che il Dna del maiale è analogo a quello di altri mammiferi, uomo incluso. Il maiale ha 19 paia di cromosomi. Il progetto iniziò vent'anni or sono, ma i recenti progressi tecnologici hanno accelerato notevolmente gli studi: "Quando il progetto è iniziato, nessuno avrebbe potuto immaginare che un giorno, saremmo stati in grado di identificare lre miliardi di coppie di basi del genoma del suino", ha spiegato il Prof. Martien Groenen dell'Università di Wageningen.


Terminata la mappatura del genoma dell'animale, gli studiosi hanno rilevato un certo numero di varianti genetiche che possono essere correlati ad un incremento del rischio di alcune malattie negli esseri umani, come l'obesità, il diabete, morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson. I ricercatori potranno adesso studiare l'effetto di queste varianti degli animali che sono fisiologicamente simili agli esseri umani. Come gli esseri umani, i maiali sono onnivori e la loro digestione e la fisiologia sono molto simili alla nostra. Ma hanno anche delle dìversità rispetto all'uomo: infatti, i maiali hanno un senso molto sviluppato dell'olfatto e anche il maggior numero di geni attivi per il riconoscimento degli odori rispetto a tutti gli animali sottoposti finora al sequenziamento del Dna. Ma dall'altra parte, hanno meno sviluppato il senso del gusto, permettendo loro di mangiare il cibo che gli esseri umani invece rifiutano.

fonte: http://www.nextme.it/scienza/natura-e-ambiente/4658-maiale-uomo-mappa-dna

mercoledì 14 novembre 2012

La delicata mano robotica ideata tra Bologna e Napoli: progetto Dexmart

Cinque lunghe dita, ognuna dotata di sensibili sensori tattili capaci di maneggiare delicatamente senza romperlo, ruotare una carta di credito o afferrare una penna. Stiamo parlando della mano robotica messa a punto nell'ambito del progetto Dexmart da un team internazionale di ricercatori, tra cui quelli dell'Università di Bologna, della Seconda Università di Napoli e dell'Università di Napoli ''Federico II''.


E' la prima a non avere dimensioni esageratamente grandi ma molto simili a quelle umane, e soprattutto è la prima a poter compiere movimenti tanto complessi. Per realizzarla sono serviti ben 6,3 milioni di euro, messi a disposizione dall'Unione Europea. Per ridurre le sue dimensioni, i ricercatori hanno utilizzato un sistema di ''tendini'', fatti di cavo di materiale plastico intrecciato, ideato all'Università tedesca del Saarland. Questi cavi hanno reso inutile la presenza sulla mano degli ingombranti venti motori necessari al movimento delle articolazioni e che sono spostati nel polso e nell'avambraccio. I sensori sulle dita sono in fibra ottica e permettono di distinguere gli oggetti da maneggiare. Il controllo è più semplice di quanto potrebbe sembrare: recenti studi nel campo dele neuroscienze hanno suggerito che per l'oltre ottanta per cento delle prese che una mano robotica deve fare, basta poter controllare tre movimenti coordinati delle articolazioni. Sebbene sia presto per pensare ad applicazioni commerciali, alcuni dei giovani ricercatori che hanno lavorato a questo progetto stanno pensando di avviare una start-up per la produzione di una decina di mani all'anno da vendere ai laboratori di ricerca a un prezzo di circa 15 mila euro, parecchio inferiore ai cento mila euro dei modelli attualmente disponibili.


Secondo Chris May, scienziato presso il Laboratorio di tecnologia di azionamento in Germania all’Università Saarland: '' La capacità della mano robotica è così vicina a quella degli esseri umani che la visione dei robot che potrà essere impiegata per assistere le famiglie nei piccoli lavori quotidiani, nelle sale operatoria e negli ambienti industriali  La combinazione di piccoli motori elettrici con i tendini artificiali ha prodotto interessanti sviluppi nell’ambiente robotico ''. I tendini sono costituiti da un 20 cm di filo in polimero lungo collegato ad un piccolo motore elettrico ad alta velocità con una potenza di 5 Newton millimetri di coppia per stringere il tendine. I legamenti sono estremamente forti e possono sollevare cinque chili in una frazione di secondo.


Secondo Bruno Siciliano, professore all’Università di Napoli Federico II, che coordina il nuovo progetto internazionale «Dexmart», il quale vuole superare i paradossi attuali e portare in casa i personal robot,  ''entro 10-15 anni i robot coabiteranno con noi, aiuteranno gli anziani, giocheranno con i bambini, assisteranno i disabili, faranno cose straordinarie e per molti spesso drammatiche, come pulire e cucinare, diventando presenze scontate, come oggi sono quelle di cellulari, pc e tv''. 

Redemption, progetto spaziale italiano per ripulire lo spazio dai detriti

L'immondizia è un incubo anche per il nostro universo. A essere diventati un problema esponenziale sono soprattutto i pezzi inutilizzati dai satelliti, per via della collisione e frantumazione dei detriti. La soluzione arriva dal Laboratorio di Robotica spaziale della Seconda Facoltà di Ingegneria di Forlì-Cesena, diretta dall'Università di Bologna.


Il progetto si chiama '' Redemption '' (Removal of Debris Using Material with phase transition - Ionospherical tests) ed è un nuovo sistema d'attacco contro la spazzatura spaziale. Si tratta di una speciale schiuma spray che si appiccica ai detriti vaganti con estrema forza grazie alla sua natura molecolare. Questo composto è infatti formato da catene di poli-uretano, ossia una sostanza che si espande rapidamente, diventando subito rigida. Basta spruzzare la speciale schiuma sulle macerie in orbita e dopo qualche istante la sostanza si gonfia fino a dieci volte, solidificandosi e appesantendo gli oggetti, i quali finiscono per precipitare sul pianeta Terra, bruciando a contatto con l'atmosfera. Questo sistema di '' pulizia spaziale '' è stato scelto dall' Esa ed è già in fase di sperimentazione a bordo di un razzo-sonda lanciato a marzo 2012. Quando pensiamo allo spazio immaginiamo un’immensità sconfinata e pura, libera da ostacoli a perdita d’occhio. Da quaggiù non ce ne accorgiamo, ma la volta stellata al di sopra di noi è tutt’altra che sgombra da rifiuti. Pezzi di satelliti, rottami di razzi e navicelle, minuscoli frammenti di corpi celesti rendono talmente densa l’atmosfera, che si può parlare di veri e propri rifiuti spaziali.


Il fenomeno comincia a essere rilevante, se la NASA ha dichiarato che negli ultimi dieci anni i rifiuti spaziali sono addirittura raddoppiati! Dal Sol Levante ci hanno già provato a ripulire il cielo, grazie a giganti reti da pesca che si aggirano sopra le nostre teste, ma alcuni ricercatori italiani hanno pensato a una soluzione molto più radicale. La questione è preoccupante: bisogna considerare che il fenomeno è un processo a catena che si autoalimenta. Anche introducendo in orbita satelliti che rispettano tutti i massimi requisiti di sicurezza in 200 anni avremo il 30% in più della quantità di oggetti spaziali inattivi orbitanti intorno alla Terra. Come spiega Claudio Portelli, esperto di problematiche relative a detriti spaziali, attualmente il 95% degli oggetti che orbitano intorno al nostro pianeta è spazzatura: “si stima che nello spazio ci siano circa 21.000 oggetti rilevabili dalla Terra. Questo vuol dire che solo il 5% degli oggetti è attivo. Tutto il resto è spazzatura”.


Oltre alla velocità con cui viaggiano, desta preoccupazione il numero degli oggetti potenzialmente pericolosi che l’uomo ha abbandonato nello spazio. Secondo dati diffusi dalla NASA, si conoscerebbe l’esistenza di circa 22.000 pezzi orbitanti di dimensioni rilevabili dagli strumenti. Questo movimento è seguito costantemente da radar e telescopi del Norad, il comando americano per la difesa aerospaziale, e dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. Di ogni rifiuto spaziale conosciuto è stata calcolata l’orbita. Il problema più grande è rappresentato dalle centinaia di migliaia di pezzi così piccoli da non poter essere individuati, veri e propri proiettili vaganti. Non basta: in dieci anni i rifiuti spaziali sono raddoppiati e si prevede che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita circa 1.150 nuovi satelliti. Diventa di vitale importanza, quindi, cercare di mantenere "pulito" lo spazio. L’Università di Bologna ha messo a punto questo spray che potrebbe ridurre il problema. La particolare schiuma, che si espande fino a 10 volte e s’indurisce, agisce attaccandosi al detriti causandone la fuoriuscita dall’orbita terreste o la caduta in modo che sia l’atmosfera a bruciarli. Questa verrà spedita nello spazio nel marzo nel 2012 tramite un razzo sonda dell’Agenzia Spaziale Europea che partirà dalla base di Kiruna (Svezia). L’altra opzione possibile per liberarsi definitivamente da un detrito spaziale è di agganciarlo al satellite per trascinarlo lontano da quelle che sono le orbite di volo e dunque da quello spazio in cui la sua presenza rappresenta un problema.

La lampadina smart da controllare in modalità wireless: LifX

Controllare l'illuminazione del proprio salotto a distanza non è un gioco per illusionisti, ma una delle applicazioni più sensate della cosiddetta '' Internet delle cose ''. Basta avere una lampadina integrata con funzionalità Wi-Fi e comandarla attraverso un' app del telefonino. Come nel caso di Lifx, ovvero una luce Led multi-colore che si può accendere, spegnere e regolare da remoto, controllandone intensità e colore, con un clic sul proprio I-phone o smart-phone Android. 


La lampadina in questione è anche molto efficiente: infatti, dovrebbe consumare soltanto un decimo dell'energia rispetto a a un bulbo a incandescenza, il che si traduce in quaranta mila ore di utilizzo. Essa è stata lanciata mediante un progetto finanziato dal basso, in Rete, sul sito Kick-Starter, e ha riscosso un successo inaudito e inaspettato. Il tetto di cento mila d$llari è stato infatti ampiamente sfondato e sino ad adesso si sono raccolti la bellezza di 1,3 milioni di d$llari. Dall'America la si può già ordinare con soli 69 d$llari e le prime consegne partiranno nel marzo del 2013. Ma i suoi realizzatori stanno anche lavorando a un kit software per aprire Lifx a sviluppatori terzi, in modo da moltiplicare e amplificare le idee e le possibili applicazioni legate alla lampadina. L’idea, insomma, ha colpito nel segno e per una ragione molto semplice: propone la rielaborazione di un elemento quotidiano e casalingo attribuendogli una serie di caratteristiche smart. Che mettono il bulbo (e un network di lampadine dello stesso tipo, potenzialmente anche in tutta casa o in varie stanze) sotto il tuo totale controllo, riducendo i costi energetici. Puoi controllare le luci dovunque ti trovi, scegliere l’intensità per ogni specifico punto luce, una stanza o l’intera abitazione, personalizzare i colori per legarli a stili e arredamenti di casa. O ancora, andando oltre gli usi più elementari e il risparmio in bolletta.


Ci sono diversi modi con cui si può interagire con questo tipo d’illuminazione, LifX può essere accesa a distanza e regolata a seconda del grado di intensità di luce che si preferisce tramite un telefonino di ultima generazione o un’applicazione Android. Colore e luminosità possono essere modificati a piacimento seguendo il nostro stato d’animo o l’arredamento di una determinata stanza. LifX può essere addirittura regolata per accompagnarsi alla musica diffusa in una stanza, in modo da modificarsi al variare del ritmo delle canzoni riprodotte dal nostro stereo. L’idea è di Phil Bosua e nasce dal suo pensiero di come la lampadina – quella ad incandescenza è stata da poco dichiarata fuorilegge dall’UE – si sia evoluta poco in più di cent’anni di utilizzo. Bosua ritiene che il tradizionale bulbo ad incandescenza sia noioso e superato e che le sue alternative, come la lampadina fluorescente, non siano altrettanto valide nell’illuminare a dovere un ambiente. Il punto focale è quindi di usare le attuali tecnologie disponibili ed il risultato è stato quello di combinare un led con un modulo Wi-Fi.


Comandare una lampadina tramite wi-fi, questo è Lifx. Non una lampadina comune, ma una lampada a Led multicolore in grado di interagire con smartphone (tramite app per iPhone o Android) e presto pure con i pc. L’idea avuta dal 38enne australiano Phil Bosua è così semplice che sembra impossibile non ci abbia pensato nessuno prima di lui. La sua reinterpretazione della lampadina nell’era di internet senza fili e degli smartphone è semplice ma al tempo stesso geniale. Senza alzarsi dal letto o dal divano. Si può decidere di spegnere tutto con un solo clic, in modo da non dimenticare luci accese quando si esce o si va a dormire. Ma si può anche impostare di far lampeggiare un abat-jour quando arriva una email o un messaggio su Twitter e Facebook. Tutti i comandi vengono recepiti dalle lampadine Lifx grazie alla loro capacità di collegarsi alla rete wifi domestica. Per finanziare la sua idea, Bosua ha puntato sul crowdfunding, ossia la raccolta di capitali attraverso internet utilizzando il sito Kickstarter.com, incubatore di idee creative online. Bosua sperava di raccogliere 100 mila dollari nel corso di 2 mesi, ma le sue aspettative sono state soddisfatte in 2 giorni. La filosofia di base del prodotto è evolvere la lampadina per averne un controllo più accurato e personale. Questo significa, ad esempio, adattare la luce al proprio stato d’animo o a svolgere determinate funzioni specifiche. Ad esempio ci sono situazioni in cui c’è bisogno di una luce bianca “pura” mentre in altri casi si desidera una luce soffusa e rilassante.


Le caratteristiche principali di LIFx sono: Controllare le vostre luci da qualsiasi luogo; Montaggio/smontaggio semplice, rapido; Possibilità di gestire singolarmente la luminosità di ogni lampadina, di una stanza o di tutta la casa; Multicolorazione per adattarsi a qualsiasi stato d’animo o arredamento; Ricezione di notifiche visive per Twitter, Facebook, testi e altro ancora; Riduzione del consumo di energia; Modalità discoteca; Creazione di una luce notturna per bambini; Modalità di sicurezza quando si è in vacanza;  Possibilità di creare gruppi di luci;  Spegnimento lento delle luci nell’arco di tempo prestabilito; Timer spegnimento luci; Accensione/Spegnimento automatico di tutte le luci quando si entra/esce di casa.

martedì 13 novembre 2012

Rivoluzione per il mondo-radio: la trasmissione sarà digitale, con testi e immagini

Finisce l'era della Radio Fm: entro la fine dell'anno appariranno i primi programmi diffusi via etere con la nuova tecnologia dai grandi network. La radio si ascolterà mediante il Dab, ovvero il sistema del 'digital audio broadcasting'.


È l'inizio di un sentiero che, contemporaneamente a quello che sta accadendo in tutta Europa - dove le trasmissioni Dab sono iniziate da qualche tempo - porterà la radio digitale anche nel nostro Paese, così com'è accaduto per la tv. "Finalmente il digitale radiofonico dopo l'Europa arriva definitivamente in Italia grazie all'impegno di un gruppo di importanti editori radiofonici privati nazionali", ha affermato Fabrizio Guidi, presidente del Club Dab Italia, società composta da alcune delle più importanti realtà radiofoniche private nazionali (Radio DeeJay, Radio Capital, M2o, R101, Rds, Radio 24, Radio Radicale e Radio Maria).

 Linus

Cosa cambia per gli ascoltatori? Innanzitutto gli oggetti attraverso i quali ascolteremo la radio, i ricevitori. Quelli attuali, analogici, ricevono i segnali dell'Am e soprattutto dell'Fm. Quelli nuovi saranno, invece, in grado di catturare anche i segnali digitali. Il cambiamento consentirà di ricevere le trasmissioni delle emittenti senza alcuna interferenza, con una qualità audio pari a quella di un cd. Il che, considerando che oggi circa il 70 per cento dell'ascolto radiofonico avviene in mobilità (soprattutto in macchina), e che la frequenza delle radio Dab resta stabile e non cambia con il movimento, è decisamente un grande passo avanti. Oltretutto, la trasmissione digitale consente di mandare ai ricevitori altri dati, testi e immagini, trasformandola in una "visual radio" che, soprattutto per le informazioni sul traffico, può essere uno strumento particolarmente utile in auto.


"Il fatto che questo "futuro digitale" cominci solo ora la dice lunga su quanto la radio venga considerata il parente povero del mondo della comunicazione", tiene a sottolineare Linus, direttore di Radio DeeJay. "Questa rivoluzione è stata affrontata dai legislatori con un po' di pigrizia. Per fare un paragone, è come se la tv fosse ancora rimasta ai tempi della videocassetta". Insomma, la radio si aggiorna e inizia il suo cammino verso una nuova era, senza invecchiare mai: "È una cosa che dico sempre quando ogni tanto vedo attaccare i manifesti funebri per la radio, sempre sul punto di "essere sostituita" da qualcosa di nuovo", conclude Linus. "La gente sovrappone l'immagine dell'apparechio al prodotto, che invece è impalpabile e può essere infilato in qualsiasi terminale. La radio la puoi miniaturizzare e inserire nel cellulare o in un tablet, in un computer o in una tv, per cui sopravviverà di certo. Si trasformerà ancora, diventerà modernissima e digitale, sopravviverà a noi e anche ai nostri nipoti...".

fonte: http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/11/13/news/radio_digitale-46507831/

lunedì 12 novembre 2012

Le staminali che bloccano il tumore del cervello

Un gruppo di studiosi provenienti dagli Istituti di chimica biomolecolare e cibernetica del Cnr, e dai centri Max Delbruck Institute di Berlino e Ludwig Maximilians University of Monaco di Baviera, hanno svelato come nei ‘giovani’ le cellule staminali nervose inducano la morte di quelle tumorali.


Lo studio ha riguardato un tumore cerebrale che colpisce soprattutto le persone sopra i cinquant'anni. Invade velocemente il cervello, incidendo in maniera significativa sulla qualità e sulle speranze di vita del paziente: da pochi mesi a un paio di anni al massimo. Si tratta del glioblastoma multiforme (o astrocitoma di grado IV), che in Italia colpisce più di settemila individui ogni anno ed è la neoplasia più maligna del sistema nervoso centrale.

Una ricerca apparsa su 'Nature Medicine' evidenzia che le cellule staminali nervose (dette progenitrici), nei soggetti giovani, sono capaci di contrastare lo sviluppo del glioblastoma multiforme, dando nuove prospettive di cura. La ricerca nasce dalla collaborazione tra l'Endocannabinoid Research Group dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr) e dell’Istituto di Cibernetica (Icib-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli, il Max Delbruck Institute di Berlino e la Ludwig Maximilians University of Monaco di Baviera.


“Il cervello più ‘giovane’ riesce a tutelarsi dalla minaccia dei tumori grazie a strategie attuate dalle cellule staminali nervose”, dice Vincenzo Di Marzo dell’Icb-Cnr, che guida il Gruppo. “Queste, infatti, riescono a migrare verso le cellule tumorali di glioblastoma multiforme e a produrre specifici mediatori lipidici, gli endovanilloidi, in grado di indurre la morte programmata o apoptosi attivando i recettori dei vanilloidi, chiamati TRPV1, presenti in grandi quantità sulla superficie delle cellule tumorali”.

Questa scoperta ci direbbe perché il glioblastoma è quasi del tutto assente nei soggetti giovani, “mentre è più frequente negli anziani, che hanno una produzione più bassa di cellule staminali nervose”, aggiunge Di Marzo. “Con l'avanzare dell'età, l’incidenza del glioblastoma incrementa e parallelamente si abbassa il numero di tali cellule, deputate a migrare laddove è richiesta la produzione di nuovi neuroni o cellule gliali in caso di malattie neurologiche e psichiatriche”.

Consumare pesce protegge dal morbo di Alzheimer

Oramai è fatto risaputo che il consumo di pesce è determinante per la salute fisica e psichica. A maggior ragione, un recente studio lo conferma, soffermandosi sul grande ruolo esercitato dai famosi Omega-3, molto presenti nel pesce.La ricerca è stata svolta da un team di studiosi facente parte della prestigiosa '' Columbia University Medical Center '' di New York, che ha sottoposto a un attento esame ben  1200 persone ultrasessantacinquenni affette da demenza.


I ricercatori hanno notato una grande flessione dei livelli di beta-amiloide, ovvero la proteina che funge da marcatore del rischio di Alzheimer, associata al consumo  di Omega 3 tramite determinati alimenti, come la frutta, il pollo e, appunto, il pesce.

A proposito di questa ricerca, c'è il commento di Fiorella Biasi, docente di Patologia generale presso la Facoltà di Medicina '' San Luigi Gonzaga '' di Torino e coautore di una revisione su grassi alimentari e Alzheimer pubblicata da '' Molecular Nutrition & Food Research ''. 


Ecco le parole della docente: '' Gli Omega 3 sono naturali antagonisti degli Omega 6. Al contrario degli Omega 6, gli Omega 3 offrono il substrato per la produzione di molecole anti-infiammatorie neuroprotettive in grado di contrastare la produzione di beta-amiloide nel cervello. E la beta-amiloide è tossica per i neuroni: il suo accumulo concorre alla formazione delle "placche senili", provocando quei danni alla memoria e alle capacità cognitive che caratterizzano malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer ''. La dieta mediterranea è quindi il modello nutrizionale ideale visto che prevede moderati consumi di formaggio e carne rossa, ed è ricca di frutta, vegetali e pesce.